RECENSIONE
RENATO TESTA
Mario Trevisan
Renato Testa (renato.testa@hotmail.it) è nato a
Pignataro Maggiore (Caserta) il primo gennaio del 1946. Si è laureato a
"La Sapienza" di Roma in Lettere e in Filosofia. Ha insegnato materie
umanistiche in vari licei scientifici. Ora in pensione, vive a Verona. Ha già
pubblicato: Dall'attualismo all'empirismo
assoluto, CADMO editore, 1976, e Il
pensiero di Franco Lombardi, Armando Editore, 1995.
«LA MALAFEDE. Perché è indecente essere cristiani»
Albatros Il Filo, Roma 2012 - ISBN 9788856758184
pp. 474 - € 19,50
pp. 474 - € 19,50
“Il nostro tempo sa… Ciò che prima era
solo patologico oggi è diventato indecente - essere cristiani oggi è indecente”. Così Nietzsche alla fine dell’Ottocento.
Che cosa sa il nostro
tempo? Che il cristianesimo è solo un’accozzaglia di miti e leggende, di
assurdità ormai improponibili. Il libro di Renato Testa «La Malafede. Perché è indecente essere cristiani» non fa altro che
ribadire con dati e argomenti solidissimi questa solare verità.
Nonostante la mole il
libro non è pesante, è di facile e gradevole lettura, scritto in uno stile
scorrevole e brioso, con tono spesso ironico, a volte sarcastico e beffardo.
L’autore, che professa
un radicale ateismo, parte da lontano e innanzitutto fornisce una critica
rigorosa delle tradizionali prove dell’esistenza di dio (ontologica,
cosmologica o causale, finalistica) e del più recente argomento del “progetto intelligente”.
Di contro esibisce due
formidabili prove della sua non esistenza: la prima, fondata sul problema del
male (si Deus est, unde malum?), la
seconda, che fa leva sulla non evidenza di dio nel mondo (si Deus est, ac nobiscum est, ubi sunt mirabilia eius?).
Ma il piatto forte è
la critica del cristianesimo, più precisamente del cattolicesimo, che si basa
sui suoi due testi-chiave: la
Bibbia (quella di Gerusalemme, testo e commento approvati
dalla Conferenza episcopale italiana), che contiene, dicono, la parola
infallibile di dio, e il Catechismo della Chiesa cattolica, che contiene,
dicono, l’insegnamento infallibile della Chiesa.
Questa ha l’ardire di
affermare ancora oggi con sfacciata impudenza che i libri sia dell’Antico che
del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, essendo stati scritti sotto
l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno dio per autore e perciò insegnano
fermamente, fedelmente e senza errore la verità.
E’ chiaro che un libro
il cui autore è dio stesso - che essendo onnipotente può far scrivere agli
agiografi tutte e soltanto quelle cose che egli vuole - deve essere un libro
del tutto straordinario, speciale, un libro in cui rifulge immediatamente ed
evidentemente tutta la grandezza, la sapienza e la perfezione divina.
Testa ha buon gioco
nel mostrare come sia l’Antico che il Nuovo Testamento siano farciti di tali e
tanti errori e orrori, falsità e sciocchezze, oscenità e contraddizioni, che
dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il cosiddetto Testo Sacro
è miserabile opera di impudenti impostori umani, né più né meno che gli altri
testi di cui nelle altre religioni - un esempio fra tutti: il Corano - si
millanta l’origine divina.
E’ questa forse la
parte più godibile del libro, in cui l’autore si diverte - e si divertirà anche
il lettore - a smascherare le ingenuità, i trucchi, le mistificazioni degli
agiografi.
Molte delle imposture
e delle menzogne denunciate da Testa sono risapute, ben note agli addetti ai
lavori, e ciascuno può rendersene conto da solo se legge con spirito critico la Bibbia ; ma non bisogna
stancarsi di ripeterle, perché ancora troppi oggi continuano, nonostante ciò, a
dirsi cristiani.
Due esempi: come si
può continuare ad affermare che è amore, che è bontà infinita, un dio che ha
escogitato la dannazione eterna dell’inferno per i suoi figli? Come si può
credere ancora ad un profeta il quale promise solennemente che sarebbe di lì a
poco (“non passerà questa generazione”) venuto
a giudicare i vivi e i morti ed ancora non si è visto?
Le gerarchie
ecclesiastiche sono in massima parte in malafede, perché loro non possono non
sapere. Ma la malafede del cristianesimo non è solo questa, il cristianesimo è
una mala-fede anche perché professa dei valori che sono in realtà disvalori.
Gesù disse
all’apostolo Tommaso che aveva voluto vedere e toccare le ferite nelle mani e
nel costato prima di credere alla sua precedente apparizione: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati
quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv 20, 24-29). Qui si esalta
la credulità. Oggi un simile principio è inaccettabile. Per noi l’atteggiamento
giusto è proprio quello di Tommaso, quello della scienza, non quello della fede:
bisogna vedere, controllare, verificare, prima di credere. E credere bisogna
non dogmaticamente, bensì fino a prova contraria.
Ascetismo, pauperismo,
umiltà, mortificazione della carne, sessuofobia sono valori medievali, valori antivitali
di un’umanità che rinunciava a vivere su questa terra per inseguire
un’illusoria beatitudine eterna dopo la morte.
Testa definisce i più
celebrati precetti della morale evangelica nobili e sublimi idiozie. Non
giudicate, porgi l’altra guancia, perdona settantasette volte sette, amate i
vostri nemici… belle parole che suonano bene, ma che sono impossibili da
mettere in pratica. Ha ragione Robert G. Ingersoll: “Se un uomo, oggi, seguisse gli insegnamenti del Vecchio Testamento,
sarebbe un criminale. Se seguisse rigorosamente quelli del Nuovo, sarebbe
pazzo”.
Il libro, dopo un serrato confronto col
Messori di «Qualche ragione per credere»,
dal quale emerge ancora una volta che non ci sono serie, valide ragioni per
credere, si conclude rilevando che l’uomo moderno, anche se lo volesse, non può
più tornare a prestar fede alle favole antiche che incantarono l’umanità
bambina. Ormai sa, e non può far
finta di non sapere. Ci siamo svegliati e il sogno - o l’incubo - è svanito:
dio è morto. Indietro non si torna.